Trent’anni senza verità sul disastro del Moby Prince, la più grave tragedia della marineria mercantile mai avvenuta in Italia dalla seconda guerra mondiale. Un solo superstite, il mozzo Alessio Bertrand, 140 vittime. Tra questi anche il sambenedettese Sergio Rosetti. I famigliari vogliono risposte ai tanti perché. Perché quel traghetto diretto da Livorno ad Olbia entra in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, perché la macchina dei soccorsi non funziona («i naufraghi sono tutti morti bruciati» – viene riferito in una comunicazione radio). E ancora perché non sono state accertate le responsabilità. Ma soprattutto perché tanti depistaggi senza che queste famiglie abbiano almeno il diritto di ottenere un risarcimento.
L’ACCORDO
L’accordo assicurativo tra le due compagnie che mette tutto a tacere, due processi senza colpevoli e le indagini che tendono a dare la colpa ad un uomo solo Ugo Chessa comandante del Moby Prince perché la prima ipotesi è quella dell’errore umano dovuto alla strana nebbia che avrebbe avvolto una petroliera alta come un palazzo di cinque piani. La famiglia Rosetti di San Benedetto ha perso Sergio. Cinquantadue anni, macchinista sul Moby, padre di Nicola e Debora marito di Maria Concetta, prossimo alla pensione. Sergio conosceva bene il mare ed era scampato con le sue forze anche a brutti precedenti incidenti. Il figlio Nicola dopo aver deposto la corona di fiori insieme alla sua famiglia al porto di San Benedetto sulla lapide in memoria del padre e delle vittime del Moby, oggi si trova Livorno per il trentennale di quella che viene chiamata strage, unico reato su cui sta indagando la procura di Livorno contro ignoti: «Dopo trent’anni ancora non si arriva alla fine di questa storia, una sentenza definitiva ancora non c’è ma noi andiamo avanti sempre più convinti di arrivare fino in fondo. La speranza è quella di arrivare prima possibile alla fine di questa storia, non abbiamo più il tempo di aspettare»
I MANCATI SOCCORSI
I famigliari delle vittime non si sono mai arresi e sono riusciti ad ottenere una Commissione parlamentare di inchiesta che ha chiarito anzitutto che la nebbia non è stata la causa del disastro ma soprattutto che i soccorsi sono stati pressoché inesistenti. Nessuno è salito su quella nave. Eppure i passeggeri e i membri dell’equipaggio hanno atteso per ore, rifugiandosi anche nella stiva dove sono state ritrovate impronte sui finestrini delle auto parcheggiate nella pancia della nave pur di trovare un riparo. Troppi i misteri ancora in piedi, come lo scenario in cui avviene la collisione. In rada ci sono le navi utilizzate di rientro dalla prima guerra del Golfo. Trasportavano esplosivi ed armi. E l’Agip Abruzzo ? era in divieto di ancoraggio per non intralciare il percorso della altre navi. Il disastro del Moby risale inoltre ad un’epoca in cui c’è la corsa al petrolio da parte della mafia. Tante le domande ancora aperte, ma è ora di fare chiarezza, la nebbia che avvolge la verità va pian piano diradandosi
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