Potrebbe rientrare nel carcere di Rebibbia l’anconetano Claudio Pinti, l’untore di Hiv. Il tribunale del riesame, infatti, ha accolto il ricorso della procura generale che chiedeva la revoca degli arresti domiciliari per l’ex autotrasportatore di 38 anni condannato in secondo grado a 16 anni e 8 mesi di reclusione per aver nascosto a due sue partner la sua sieropositività. Pinti si trova dal 5 maggio a casa dei genitori con il braccialetto elettronico per gravi problemi di salute e ieri i carabinieri hanno notificato la decisione del giudice Alberto Pallucchini dopo la discussione che si era tenuta martedì scorso. Il dispositivo del Riesame, però, non ha valore esecutivo. La difesa del 38enne, affidata all’avvocato Massimo Rao Camemi, ricorrerà in Cassazione. Sarà la suprema corte, dunque, a stabilire se l’uomo dovrà restare ai domiciliari o rientrare nel penitenziario. Tra le motivazioni addotte dal tribunale del Riesame vi è l’inaffidabilità di Pinti e la pericolosità che possa entrare in contatto con altre persone via web, nonostante il divieto assoluto di usare dispositivi elettronici. Il 10 settembre, intanto, è atteso il terzo grado di giudizio per l’ex camionista. Tra i reati contestati, quello relativo alle lesioni personali gravissime che sarebbero state commesse nei confronti della sua ex compagna Romina Scaloni e quello di omicidio volontario. L’ex convivente di Pinti, Giovanna Gorini, nel 2017 è morta infatti per una patologia legata all’Hiv. Per Pinti, dunque, potrebbero spalancarsi di nuovo le porte del carcere e nei prossimi giorni è attesa la decisione della Cassazione.