La Corte d’Assise d’Appello di Perugia ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Davide Troilo riconosciuto responsabile sia in primo grado sia in appello dell’omicidio di Jennifer Sterlecchini, sua ex fidanzata, uccisa con 17 coltellate, il 2 dicembre del 2016, nell’abitazione in cui i due avevano convissuto. La pronuncia della sentenza era attesa per il 17 marzo scorso dopo che il 18 settembre 2020 i giudici della Cassazione avevano annullato la sentenza di secondo grado. Alla base di quella decisione l’aggravante dei futili motivi che, secondo gli ermellini, non sarebbe stata ben definita. Qualora l’aggravante fosse caduta, Troilo avrebbe beneficiato di una consistente riduzione della pena. Decisione che ha sollevato l’indignazione delle parti offese. E invece i giudici di Perugia hanno ritenuto sussistente l’aggravante e poco fa hanno confermato la condanna a 30 anni. La difesa di Troilo ha già annunciato che ricorrerà nuovamente in Cassazione. Quel drammatico 2 dicembre del 2016 Jennifer era tornata a casa dell’ex fidanzato, accompagnata da un’amica e dalla madre Fabiola Bacci. Voleva riprendere le sue cose. Purtroppo, però, la 26enne rimase sola assieme a Davide in quell’appartamento. La porta si chiuse e la madre non riuscì a fare nulla per la propria figlia, che gridava aiuto. Quando quella maledetta porta si aprì Jennifer era a terra, in un lago di sangue, colpita 17 volte con un coltello.
Anche Davide era a terra con qualche ferita che l’accusa sostenne che si procurò da solo per coprire quell’orrendo delitto. La difesa chiese inutilmente una perizia psichiatrica sull’assassino, ma senza riuscirvi. Il 24 gennaio del 2018 Troilo venne condannato dal Giudice per l’udienza preliminare Nicola Colantonio a 30 anni per omicidio volontario aggravato dai futili motivi; il 14 marzo del 2019 la Corte d’Assise d’appello dell’Aquila confermò in pieno la condanna. L’avvocato dell’imputato Giancarlo De Marco, con il suo ricorso in Cassazione, ha cercato di ridurre la pena soffermandosi sull’incerta motivazione sull’aggravante. La Cassazione ha annullato quel verdetto rinviando alla Corte d’Assise d’appello di Perugia che ha invece confermato la condanna. Ma con l’annunciato deposito del ricorso in appello della difesa, la parola fine spetterà ancora una volta alla Suprema Corte.