RECANATI – Confermata dalla Corte di Cassazione la condanna all’ergastolo nei confronti di Muhammad Riaz, muratore pakistano di 48 anni per l’omicidio della figlia Azka 19enne. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dai legali dell’imputato, gli avvocati Francesco Giorgio Laganà e Flavio Rossi Albertini. I reati sono quelli di omicidio volontario, violenza sessuale e maltrattamenti nei confronti anche degli altri tre figli all’epoca minorenni avvenuto tra Montelupone e Recanati dal 2014 al 2017.
Il delitto risale al 24 febbraio del 2018. Padre e figlia tornavano in macchina da Civitanova, i due avevano discusso. Alla base le accuse mosse dalla figlia maggiore Azka e dalla sorella più piccola nei suoi confronti, di violenza sessuale e di maltrattamenti su tutti i figli che sarebbero approdate pochi giorni dopo in Tribunale, ma Azka a quell’appuntamento non ci è mai arrivata. A seguito di una discussione il padre secondo i magistrati la colpì e adagiò il corpo della figlia in strada al buio e sotto una pioggia battente poco prima che un’auto la investisse. Erano circa le 19.30 quando lungo la provinciale 485 ad alto scorrimento non illuminata e con poche case abitate una Ford C Max su cui viaggiava una coppia di origine straniera investì la giovane. Inizialmente il pubblico ministero che coordinò le indagini Micaela Piredda, contestò al padre della vittima l’omicidio preterintenzionale ma nel corso del processo di primo grado il pm Rita Barberi modificò la contestazione del delitto in omicidio aggravato: per la Procura il padre dopo aver brutalmente percosso la figlia ne aveva deposto il corpo sulla carreggiata per farlo travolgere dalle auto in transito come poi è avvenuto.
Per la difesa invece l’auto del padre si era fermata a causa di un guasto, la figlia era scesa in strada ascoltando la musica con le cuffie quando è stata investita. Riaz in primo grado è stato condannato all’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi e al pagamento di una provvisionale nei confronti della moglie pari a 30mila euro e dei tre figli per complessive 200mila euro. In secondo grado i giudici della Corte d’ Assise d’Appello di Ancona hanno confermato che l’omicidio di Azka è avvenuto per mano del padre, tragico epilogo di una condotta violenta iniziata anni prima. Giovedì l’ultimo grado. “È la fine di una bruttissima storia dove purtroppo la giovane Azka non avrà comunque un futuro”. Questo è stato il commento dell’avvocato Paolo Carnevali parte civile per l’unico figlio dell’imputato ancora minorenne