PESCARA – All’indomani della sentenza sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano del 18 gennaio 2017, il procuratore capo di Pescara Giuseppe Bellelli , tramite una nota stampa, ha ribadito la “necessità di rispettare il giudice e la funzione dallo stesso esercitata”.
“Le aggressioni verbali in aula, dopo la lettura della sentenza”, si legge nella nota della Procura, “non possono essere tollerate così come non è accettabile il dileggio del magistrato da chiunque posto in essere”.
Il Giudice ha escluso la sussistenza del delitto di disastro colposo e condannato per omicidio plurimo tre imputati assolvendo gli altri. “Saranno le motivazioni a dare atto del percorso logico giuridico che ha condotto alla decisione, in parte difforme dalle richieste dei pubblici ministeri e delle parti civili”, si precisa.
“Gli atti processuali dimostrano come le indagini sono state svolte in ogni direzione, i reati contestati riguardano esponenti di tutti i settori delle pubbliche amministrazioni interessate alla vicenda, dopo che, prima del processo, 22 posizioni erano state archiviate. Il giudizio abbreviato, allo stato degli atti, è stato richiesto dalle difese dei 30 imputati e accettato dalle parti civili”.
“I fatti, gli antefatti, gli accadimenti, gli atti e i documenti, le condotte, le richieste di aiuto, la valanga che ha travolto l’hotel cagionando la morte di 29 persone costituiscono emergenze probatorie acquisite al processo. Tre imputati, per i quali vale sempre la presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, sono stati condannati per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. La difformità tra le richieste dei Pubblici Ministeri e la decisione del giudice risiede nella valutazione dei fatti e degli atti”. “Va smentita con forza l’affermazione che vi sarebbero altri responsabili”, si legge ancora nella nota.
“Il contraddittorio, nel rispetto delle regole processuali, la dialettica tra accusa e difesa, la complessità delle questioni affrontate, hanno portato a una sentenza che la Procura della Repubblica non condivide in gran parte e che verosimilmente impugnerà nei capi assolutori, così come proporranno appello i difensori degli imputati condannati”. “Il giudice, nella solitudine della camera di consiglio, decide in piena indipendenza, senza dover assecondare le aspettative della opinione pubblica, attenendosi alla legge e alle risultanze processuali”.
“All’esito di un processo estremamente complesso, resta il dolore e lo sconcerto dei famigliari delle vittime e la difficoltà della opinione pubblica di comprendere e accettare una sentenza, pronunciata in nome del popolo italiano, fortemente divergente dalle richieste dei Pubblici Ministeri e dalle difese delle parti civili, e da legittime aspettative di giustizia. Si auspica che tale disarmonia, che può apparire incomprensibile e della quale anche i magistrati della Procura della Repubblica intendono farsi carico, possa ricomporsi dopo la lettura delle motivazioni della sentenza o nei successivi gradi di giudizio, se è vero, come affermò uno dei padri costituenti, l’avvocato Piero Calamandrei, che le leggi perché non siano formule vuote, devono scaturire dalla coscienza di cittadini, devono essere sentite come nostre”, conclude Bellelli.