SULMONA – La Procura di Sulmona ha disposto nuove indagini riguardanti il caso di una donna incinta che ha perso il suo bambino dopo l’inoculazione del vaccino trivalente. Gli esami dei periti compiuti in precedenza non hanno rilevato nessi di causa-effetto tra il donna incinta e il comportamento dei sanitari coinvolti, che hanno agito secondo le linee guida.
La vicenda risale al primo luglio 2021, quando la donna di 33 anni perse la sua bambina a due settimane dal termine della gravidanza, dieci giorni dopo aver ricevuto il vaccino trivalente. Dopo due anni, la donna ha presentato una denuncia-querela alla magistratura tramite il suo legale, Vincenzo Margiotta.
La relazione dei periti, Luigi Miccolis e Claudio Celentano, ha concluso che il ginecologo e il medico vaccinatore hanno seguito le indicazioni di vaccinoprofilassi per la pertosse, come da raccomandazione ministeriale. Entrambi hanno rispettato l’informativa del novembre 2019, che permetteva la questa somministrazione nel terzo trimestre di gravidanza. Secondo la perizia, il vaccino trivalente conteneva gli stessi tossoidi per il tetano, la difterite e la pertosse, il che non creava controindicazioni nell’utilizzo del booster anche all’ottavo mese di gravidanza.
La donna, tuttavia, aveva ipotizzato che il vaccino non potesse essere iniettato poiché mancava una vaccinazione precedente e che non era stato effettuato uno screening vaccinale e un’anamnesi medica prima dell’inoculazione.
Il sostituto procuratore Edoardo Mariotti ha chiesto ai consulenti tecnici di approfondire ulteriormente la relazione. In particolare, dovranno essere valutate le modalità della prescrizione medica e dell’esecuzione del triage pre-vaccinale, nonché le linee guida per la vaccinazione nella Asl di Sulmona, sia per cittadini italiani che stranieri.
L’inchiesta continua, e nuovi accertamenti sono in corso per fare luce sulla vicenda e verificare eventuali responsabilità mediche.