Con la sentenza di ieri del Tribunale di Roma, con la quale si stabilisce che il crac Tercas, come è stato definito per anni non è mai esistito si è scritta una nuova pagina importante di una storiaccia che è andati avanti per quasi 9 anni. Le assoluzioni perché il fatto non sussiste dell’ex Presidente Lino Nisii e dell’ex Direttore Generale Antonio Di Matteo dai capi di imputazione che prevedevano azioni criminose da parte dei due nella gestione dell’istituto di Credito, apre adesso un fronte dove le domande del perché tutto questo sia accaduto tornano a essere protagoniste. Il 30 aprile del 2012, con decreto dell’allora Ministro dell’economia e delle finanze Mario Monti, si disponeva su proposta della Banca d’Italia lo scioglimento degli organi amministrativi e controllo di Banca Tercas e si sottoponeva la stessa ad amministrazione straordinaria con la nomina del Ragioniere Riccardo Sora in qualità di Commissario straordinario che si insedia il 4 maggio. Sono giornate convulse nell’Istituto di credito. Viene confermato alla Direzione Generale il ragioniere Riccardo Pilla che aveva già preso il posto di Antonio Di Matteo che aveva lasciato la Direzione della Banca il 30 settembre 2011. Ma quello che è più importante è che da quel momento in poi Teramo, l’Abruzzo e gran parte dell’Italia centrale perde un punto di riferimento bancario di primaria importanza. La Tercas trascina con sé in questa storia anche Banca Caripe che era stata acquistata in precedenza. Sembrerebbe già tanto per un territorio che iniziava ad avvertire i morsi della crisi ma purtroppo si era solo all’inizio. Il 7 maggio il Commissario Sora sospende la negoziazione delle azioni Tercas mentre per il 29 luglio 2014, due anni dopo, sempre il commissario Sora convoca l’assemblea degli azionisti per procedere all’azzeramento del capitale sociale e procedere a un nuovo aumento di capitale attraverso l’utilizzo delle riserve. In pratica chi ha investito in azioni Tercas, ed erano in tanti in Abruzzo, perde tutto. Il 1 ottobre 2014 Banca Tercas viene acquistata da Banca Popolare di Bari in pratica a costo zero e nel 2016 Tercas attraverso la procedura di fusione viene incorporata nella Banca Popolare di Bari. Questi i fatti, questa la storia. La domanda che ci si deve porre oggi, all’indomani della sentenza di un tribunale è una sola: perché? Se Di Matteo e Nisii non hanno alterato i bilanci, se Di Matteo e Nisii non hanno concesso prestiti a chi non era meritevole, se Di Matteo e Nisii hanno gestito i bilanci della Banca seguendo le regole allora perché Teramo e l’Abruzzo hanno perso il punto di riferimento del mondo creditizio più importante della Regione? Perché gli azionisti Tercas si sono ritrovati nel giro di pochi minuti privati dei risparmi di una vita? Perché la Fondazione Tercas la proprietaria del 65% delle azione della Banca rinunciò all’esercizio del diritto di opzione sull’aumento di capitale? Perché adesso Banca Popolare di Bari, con le varie vicissitudini degli ultimi tempi, vuole chiudere gli sportelli in Abruzzo? Perché per i clienti che ancora oggi lavorano con Tercas ci sono state sempre difficoltà negli ultimi anni per il ricorso al credito? Già, perché? Il Tribunale di Roma adesso dirà la sua nelle motivazioni della sentenza. L’importante è che alla fine non ci si ritrovi davanti a un mistero dove risposte ufficiali non ci sarebbero. Sarebbe l’ennesimo torto a un territorio e a una regione intera che adesso sì chiedono spiegazioni convincenti.
Di Alfredo Giovannozzi