I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pesaro, coordinati dal Sostituto Procuratore Maria Bice Barborini della Procura della Repubblica di Roma, hanno concluso un’attività di indagine che nasce a seguito di una querela presentata da due coniugi, sceneggiatore e scrittore lui, e produttrice televisiva lei, che dopo aver calcato per una vita le scene romane, hanno deciso di proseguire i propri impegni artistici godendosi la terra natia, tra le colline pesaresi. I due consorti, titolari di un patrimonio mobiliare e immobiliare di tutto rispetto, nonostante la crisi del settore immobiliare del primo decennio 2000 abbia colpito anche le loro proprietà, nell’anno 2017 conoscono un quarantenne romano, P.C. – per il tramite di un conoscente anch’egli operatore nel settore cinematografico. L’uomo, ostentando apparente capacità nel trattare questioni economico-finanziarie, propone ai coniugi un piano di risanamento della loro situazione economica, compromessa da un deficit di liquidità, suggerendo delle azioni volte a rientrare dai debiti accumulati con gli istituti di credito, garantendo agli stessi una migliore gestione del capitale costruito degli anni. Affabulati dal carisma di P.C., marito e moglie gli affidano pian piano totalmente la gestione delle loro proprietà, la delega a operare sui loro conti correnti bancari ed eseguono, inizialmente senza indugio, ogni soluzione prospettata dal quarantenne. In breve tempo, quindi, consapevole di aver acquistato la fiducia e l’affetto dei coniugi, P.C. li induce ad effettuare ardite operazioni immobiliari, tra cui la vendita del loro prestigioso appartamento romano (al di sotto del valore di mercato) per coprire, in parte, il debito accumulato con un istituto bancario, incamerando egli stesso la quota residua e il provento della vendita degli arredi di pregio ivi contenuti. All’interno della residenza romana di una vita, marito e moglie custodivano, insieme ai propri ricordi, opere anche di pregio, accumulate nel tempo grazie alla indiscussa passione per l’arte, in ogni sua forma (statue, quadri, bassorilievi marmorei): tali opere non sono state mai più rinvenute e a giustificazione della scomparsa, P.C. si giustificava raccontando di averli venduti per una cifra irrisoria, in quanto risultati essere, a seguito di perizia, dei “falsi”, anche se di ciò non è mai stata dimostrata alcuna prova. E ancora, P.C., continuando ad approfittare dell’ingenuità e della buona fede dei due malcapitati, è riuscito a proporre loro di porre in essere ulteriori atti di depauperamento del patrimonio, motivandoli invece come forme alternative di investimento, nell’ordine: cedere le quote di una loro società – proprietaria di un complesso alberghiero e un complesso immobiliare siti nella Provincia di Pesaro-Urbino – a una società partecipata al 100% dall’uomo, che poi lo stesso ha ceduto a una s.r.l., guarda caso, riconducibile alla moglie; convertire parte del loro patrimonio in lingotti d’oro, attraverso una società di investimento (della quale è risultata poi esser amministratrice la sorella dell’uomo) per transazioni del valore di 370.000 euro; sottoscrivere il preliminare di vendita di tutte le loro restanti proprietà immobiliari in favore della società della moglie di P.C. Insospettiti dall’atteggiamento che aveva assunto nei mesi il loro uomo di fiducia, a causa dalla reticenza a far visionare i documenti delle operazioni effettuate e, soprattutto, dei lingotti d’oro, i due artisti hanno deciso di controllare i movimenti dei propri conti bancari, scoprendo di esser stati depredati non solo della liquidità ma di gran parte delle loro proprietà e, per tale motivo, hanno proposto querela contro P.C. che, nel frattempo, si era dileguato, rendendosi irreperibile alla coppia. I finanzieri hanno quindi intrapreso le attività di indagine finalizzate ad analizzare i movimenti finanziari e i contratti, laddove presenti, relativi alle transazioni effettuate dal P.C., per avere conferma di come le stesse siano state effettuate in danno ai coniugi, configurando quindi le ipotesi di reato di truffa e appropriazione indebita, commesse da P.C. insieme alla moglie, alla sorella e a un terzo uomo, ravvisando altresì la competenza della Procura della Repubblica di Roma, in quanto i contratti e gli accordi sono stati sempre perfezionati nella Capitale. Il culmine delle indagini è avvenuto con l’esecuzione del decreto, emesso dal Tribunale di Roma – su richiesta del Pubblico Ministero Maria Bice Barborini, con il quale sono state sottoposte a sequestro le quote della società immobiliare, oramai in gestione alla moglie di P.C., un’auto di lusso, comprata con i denari prelevati dai conti dei coniugi, conti correnti e una cassetta di sicurezza bancaria, per rimetterle nella disponibilità dei coniugi raggirati.