Ci sarebbe stato un lavoro non eseguito o comunque eseguito male, dietro l’aggressione subita il 3 giugno scorso dall’operaio bengalese di 24 anni trovato ferito gravemente dentro la Fincantieri poco dopo le 19. Il connazionale di 39 anni, che ora è in carcere per l’accusa di tentato omicidio, l’avrebbe colpito alla testa con un picchetto, una sorta di martello da cantiere con una estremità più appuntita, per motivi attinenti al lavoro.
Lo ha riferito il capo della Squadra mobile di Ancona, Carlo Pinto, in una conferenza stampa autorizzata dalla Procura che coordina le indagini. “Non c’entra nulla il caporalato – ha chiarito Pinto – è scoppiato un violento diverbio per motivi lavorativi durante il quale l’aggressore ha strappato di mano il picchetto all’operaio ferito, colpendolo alla testa”. L’aggressore, anche lui bengalese, risiede in città come la vittima ed è della stessa ditta esterna per cui lavora il ferito; dopo l’aggressione ha fatto sparire il martello che non si è finora trovato.
Inizialmente si era pensato a un incidente sul lavoro i primi sopralluoghi della polizia avevano mostrato l’eventualità piuttosto improbabile. Dopo due giorni dall’accaduto, il responsabile si è presentato in Questura con il suo legale, l’avv. Stefano Gregorio, e aveva confessato. La polizia ha raccolto testimonianze e ha analizzato i filmati girati dalle telecamere esterne: è stata dimostrata la presenza quel giorno in cantiere anche del 39enne (non ci sono immagini dell’aggressione). Così gli agenti hanno chiuso il cerchio e il gip, visti i gravi indizi di colpevolezza e la gravità dei fatto ha firmato la custodia cautelare in carcere per tentato omicidio.
Il 24enne ha riportato un trauma cranico commotivo con ferita e frattura cranica, una crisi epilettica prolungata secondaria con la necessità di essere intubato. Attualmente è in coma farmacologico all’ospedale di Torrette.