ANCONA – “È una questione che deve essere affrontata dal Parlamento”. Questa la risposta data dall’assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini ai cronisti sul caso Antonio, nome di fantasia del malato tetraplegico marchigiano per il quale i giudici hanno ordinato all’Asur (Azienda sanitaria unica regionale) di procedere con la verifica delle condizioni per l’accesso al suicidio assistito, sulla scorta della sentenza della Corte costituzionale 242/2019.
Una vicenda, quella di Antonio, che sta seguendo lo stesso percorso di Mario, l’altro nome di fantasia di un tetraplegico marchigiano, rimasto immobilizzato in conseguenza ad un incidente, che da oltre un anno sta portando avanti la sua battaglia per accedere in Italia al suicidio medicalmente assistito.
“Non c’è una legge” ha puntualizzato l’assessore, come aveva già fatto in precedenza riferendosi alla vicenda di Mario, quando aveva posto la necessità di legiferare su “un tema molto delicato”.
“La sentenza della Corte Costituzionale depenalizza chi aiuta il malato” in presenza di determinate condizioni, “quindi deve esserci qualcuno che somministra la sostanza: al massimo in questo percorso la farmaceutica ospedaliera potrebbe fornire all’aiutante al suicidio la sostanza venefica”, ma “noi non possiamo obbligare un medico a farlo”.