“Gentile Stato italiano, da 18 anni sono ridotto così. Ogni giorno la mia condizione diventa sempre più insostenibile. Aiutami a morire”.
È l’appello di Fabio Ridolfi, 46enne di Fermignano (Pesaro Urbino), da 18 anni immobilizzato a causa di una tetraparesi da rottura dell’arteria basilare. Può muovere solo gli occhi e comunica attraverso un puntatore oculare. E’ il terzo marchigiano a richiedere il suicidio assistito.
Assistito dall’Associazione Coscioni, si è rivolto all’Asur (Azienda Sanitaria Unica Regionale) Marche, che in seguito alla giurisprudenza creata dai casi di ‘Mario’ e Antonio’ ha attivato le verifiche previste dalla sentenza della Corte Costituzionale Cappato/dj Fabo. Fabio è stato sottoposto a tutte le visite mediche del caso, ma dal 15 marzo, quando la relazione medica è stata inviata al Comitato Etico Regione Marche, fa sapere l’Associazione Luca Coscioni, “ancora non è arrivato nessun parere, né sulle sue condizioni né sulle modalità per poter procedere con suicidio medicalmente assistito”.
E’ il terzo italiano a farne richiesta, dopo Mario e Antonio, nomi di fantasia di due tetraplegici, anche loro marchigiani. Prima di fare questo passo, aveva valutato anche la possibilità di andare in Svizzera. A differenza degli altri due, che hanno preferito l’anonimato, Fabio ha reso noto il suo nome e il suo volto, diffondendo un video in cui lo si vede comporre il suo appello con il puntatore oculare. E nel suo caso, a differenza di Mario e Antonio, che avevano ingaggiato battaglie legali a suon di diffide, non è stato necessario l’ordine di un giudice perché l’Asur si attivasse.
foto ansa