SENIGALLIA – La madre di Federico Carboni, Rosa Maria, ha raccontato in un video, affidato all’Associazione Luca Coscioni, i 13 anni vissuti accanto al figlio dopo l’incidente, compresa la reazione alla decisione di Federico di porre fine alle sue sofferenze attraverso il ricorso al suicidio assistito.
Queste le sue parole: “Sono molto orgogliosa di mio figlio e anche il padre lo sarebbe stato. Mi ha insegnato la vita. Questi 13 anni sono stati abbastanza tosti. Il percorso che ha scelto lui, di arrivare a questa conclusione della sua vita, è perché purtroppo lui non ce la fa più. È stata una scelta dura sia per lui sia per me e per tutti quelli che gli sono stati vicino. In principio è stata molto dura accettarla perché lì per lì quando me l’ha detto, come madre, ti spacca il cuore. Però dopo col tempo che passava, il dolore e le sofferenze sono aumentate. Capisco la sua decisione, abbastanza crudele, però è una vita molto
difficile per lui stare sempre sul letto a convivere con i suoi dolori. Ogni tanto ha delle piccole crisi, anche di nervi, soprattutto quando sta male. È un dolore molto forte, sia per lui che per me”.
“Il calvario, tra il dolore fisico e il lungo iter giudiziario dovuto all’indifferenza della politica, che hanno dovuto sopportare Federico e sua madre non è più accettabile”, aggiunge l’avvocato Filomena Gallo, difensore e coordinatore del collegio legale di Federico Carboni/“Mario” e Segretario dell’Associazione Luca Coscioni. “Lo abbiamo vissuto insieme alla famiglia Carboni e fino all’arrivo di una buona legge impiegheremo tutte le energie per difendere i diritti delle altre persone malate che vogliono rispetto delle loro scelte e delle loro famiglie. Oggi occorre emendare l’attuale testo di legge in discussione al Senato. Il requisito del sostegno vitale alla luce della patologia irreversibile deve essere un requisito eventuale ma non necessario, devono essere eliminate tutte le discriminazioni tra malati che vogliono scegliere sul proprio fine vita e devono essere introdotti tempi certi e vincolanti per le procedure. Solo così avremmo una legge utile e giusta. Nella versione attuale costringerà invece le persone malate a ricorrere nuovamente ai tribunali. Se quel testo in esame al Senato dovesse essere confermato, alla luce della vicenda di Federico, è meglio restare senza una legge. Federico ha potuto procedere nella legalità in Italia, ma alle difficoltà che ha dovuto affrontare il testo in discussione ne avrebbe aggiunte di ulteriori. C’è bisogno di un legislatore che si assuma la responsabilità di emanare una legge per tutti coloro che ne hanno bisogno, senza fare proclami da campagna elettorale che non rispettano la vita e le scelte delle persone. La realtà è un’altra e Federico e sua madre ne sono la testimonianza”.