SENIGALLIA – Si chiamavano Stefano Pannacci, 63 anni il prossimo settembre, originario di Montone ma residente a Valfabbrica (Perugia) e Claudio Pannacci, 26 anni, nato e residente a Perugia, padre e figlio investiti dal treno merci (56345 proveniente da Bologna e diretto a Bari) e morti ieri sera a Senigallia (Ancona).
Sulla vicenda il pm di Ancona Rosario Lioniello, ha aperto un fascicolo “modello 45” per atti non costituenti notizie di reato. La Procura attende i rilievi fotografici della Scientifica prima di dichiarare chiuse le indagini. Non è stata disposta l’autopsia sui corpi.
Stando alle testimonianze dei due macchinisti, sentiti a sommarie informazioni dalla Polfer, il convoglio prima ha travolto il padre, visto camminare a lato del binario, e subito il figlio scorto dai ferrovieri andare contro il treno, a circa 30 metri di distanza dal genitore che tentava di raggiungerlo e di salvarlo. Il treno, secondo i rilievi della polizia scientifica, si è fermato a 200 metri dal primo impatto.
Procedeva verso sud a velocità moderata perché è era quasi arrivato alla stazione di Senigallia (procedeva verso sud). Il 26enne è stato identificato dal passaporto.
Al momento del diverbio a seguito del quale il giovane ha avuto una reazione spropositata e si è allontanato a piedi dal piazzale del residence dove si trovava con i genitori, la famiglia stava per tornare in Umbria. Il ragazzo, secondo vicini e conoscenti a Senigallia, avrebbe dovuto sottoporsi a un periodo di cure in una struttura toscana per forte depressione.
Il 26enne aveva vissuto ultimamente in Svezia e i genitori, prima del soggiorno a Senigallia, erano andati a prenderlo per riportarlo in Italia perché era stato male e ricoverato nel Paese scandinavo. Anche a Perugia, a inizio mese, il ragazzo non si era sentito bene, era ricorso alle cure del Pronto soccorso per un forte stato di agitazione e sottoposto a un consulto psichiatrico.