Operazione congiunta di Polizia e Carabinieri oggi all’Aquila, dove sono state eseguite 13 misure cautelari disposte dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila, su richiesta della Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale per i Minorenni.
Sei custodie cautelari in carcere e sette collocamenti in comunità. È il frutto di una complessa attività di indagine che ha riguardato oltre 30 indagati minorenni e neomaggiorenni, accusati di reati gravi come atti persecutori, violenze, estorsioni, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, risse che hanno afflitto il territorio aquilano negli ultimi mesi.
Episodi che hanno destato clamore pubblico, che si sono verificati all’interno del centro storico.
L’indagine culminata con l’operazione odierna è stata coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni che si è avvalsa del contributo di Carabinieri e Polizia di Stato. Gli organi di polizia giudiziaria hanno operato in stretta sinergia mediante il compimento di attività tradizionali, nonché di complesse attività di intercettazione e videoriprese, che hanno consentito di far luce su uno spaccato estremamente allarmante e di ostacolare un percorso criminale in evoluzione. Ne è conseguita la necessità dell’intervento repressivo, che tuttavia rappresenta il primo tassello di una imprescindibile azione preventiva, nonché di riabilitazione dei minori coinvolti, si legge nella nota della Questura.
I soggetti raggiunti da ordinanze cautelari sono accusati di aver promosso e condotto attività dirette a creare forme di predominio su altri coetanei, di controllo di porzioni di aree urbane, di smercio professionale di sostanze stupefacenti in zone sensibili, in prossimità di scuole, di scontro con altri gruppi antagonisti di minori, che si sono verificati in diverse zone centrali del capoluogo.
La nazionalità degli indagati è varia (Paesi balcanici, nordafricani e Italia). Ai ragazzi ospitati all’interno di comunità di accoglienza (sfuggevoli alle regole comunitarie) si affiancano cittadini italiani o comunque residenti con le famiglie di appartenenza.
La repressione è intervenuta per evitare conseguenze estreme e più gravi, ma l’obiettivo primario deve tendere al reinserimento dei giovani nel circuito sano della società, precisa la Questura.