ANCONA – Sono passati sei anni dal sisma che nel 2016 colpì il Centro Italia (Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria) e i geologi delle Marche rilanciano un appello: “i progressi scientifici sono stati enormi, ma non fermiamoci qui”. Il 26 ottobre 2016 scosse di magnitudo 5.4 e 5,9, colpirono in particolare le Marche precedendo quell del 30 ottobre, la più forte mai registrata dal 1980, di magnitudo 6,5; una potente scia sismica che amplificò enormemente i danni già prodotti dalla scossa 6.0 del 24 agosto che aveva causato circa 300 morti, di cui 52 ad Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) e 390 feriti. A ottobre molti Comuni marchigiani si aggiunsero alla lista di quelli colpiti in precedenza e Il cratere diventò così il più ampio di sempre nella storia italiana.
“In sei anni molti passi avanti sono stati fatti dal punto di vista della prevenzione e ricerca scientifica – commenta Piero Farabollini, presidente dell’Ordine dei Geologi delle Marche – mentre è ancora lunga la strada verso una completa ricostruzione, con oltre 6mila interventi pubblici da completare o da impostare e ancora tante persone in attesa di ritornare nella propria casa o in una di nuova costruzione“. L’Ordine dei Geologi sottolinea “l’immenso lavoro di microzonazione sismica realizzato, strumento fondamentale per ricostruire in sicurezza e, eventualmente, non ricostruire laddove il terreno non lo consenta. In tutti i comuni colpiti nel 2016 oggi sappiamo, nel dettaglio come si comporta il suolo in caso di eventi sismici più o meno intensi“.
Al nuovo governo, guidato da Giorgia Meloni, i geologi delle Marche augurano “buon lavoro“, rimarcando “due necessità non più rinviabili: snellire la burocrazia in Italia, che tanti ostacoli ha posto – e continua a porre – sulla strada della ricostruzione; investire in opere di prevenzione e tutela del territorio. Nelle Marche si sta ancora cercando una donna dispersa dopo l’alluvione del 15 settembre, che ha causato 12 vittime accertate. Una catastrofe che, abbiamo detto con forza in quei giorni, si sarebbe potuta evitare realizzando le opere necessarie e, in molti casi, già approvate”.