Il corpo che giaceva lì a terra, era quello di Carmela Rea, per tutti Melania. Una mamma di altri tempi che cresceva la figlia di 18 mesi, nell’abitazione presa in affitto a Folignano. A pochi chilometri dal 235esimo Reggimento Piceno dove il marito, Salvatore Parolisi, caporalmaggiore dell’Esercito, lavorava come addestratore di giovani reclute.
Lei 29 anni, lui poco più di 30, erano arrivati nel Piceno dopo essersi sposati.
Il 18 aprile 2011, subito dopo pranzo, partirono per Colle San Marco, almeno così raccontò il marito. Lassù, però, Melania non arrivò mai. In una tappa al bosco delle Casermette venne uccisa brutalmente da Salvatore, pugnalata oltre 30 volte, probabilmente alle spalle e mentre quel marito tanto amato le teneva una mano sulla bocca.
Quel corpo di donna, peraltro con i pantaloni a metà coscia, verrà ritrovato due giorni dopo da un uomo di passaggio mai identificato.
In quel 18 aprile Parolisi entrò al ristorante bar del Cacciatore insieme alla figlia. Era in preda al panico, andò in bagno e vomitò. Raccontò che la moglie era scomparsa, che si era allontanata per andare in bagno e non era più tornata. Secondo gli inquirenti aveva ucciso già la moglie al Bosco delle Casermette di Ripe di Civitella ed era arrivato a Colle San Marco nel tentativo di depistare le indagini.
Indagando si scoprì che il soldato non era nuovo ad avventure extraconiugali ma che aveva una relazione, da mesi, con un’altra donna: Ludovica. E proprio questo legame potrebbe essere stato la miccia del delitto. Il movente. Ora Parolisi scontando la sua pena a vent’anni di carcere, dopo la pronuncia della Cassazione. Ha perso la patria potestà della bambina che oggi usa il cognome della madre ed è affidata ai nonni. Ha studiato all’università mentre era in carcere e sogna una seconda vita, ripetendo sempre di essere innocente e che avrebbe sì tradito la moglie ma non l’avrebbe uccisa.