Riviera, gli ha risposto picche. Manoni gli è piovuto come una manna dal cielo. Ma Renzi ci ha messo qualche giorno prima di vincere i dubbi e le ritrosie. Magari anche legittimi: Manoni in Serie D? 26 partite, al Castelfidardo. La Samb è un’altra cosa. In questo inferno, poi. Sarà all’altezza. Eccome se lo sarà. Lo scopriremo solo alla fine. Il neo 46enne jesino, grottammarese d’adozione, terzo allenatore del campionato, quarto capitolo della stagione, dopo Alfonsi, Prosperi e l’Alfonsi bis. Trova macerie a non finire. Il bubbone societario è scoppiato da un pezzo. E Renzi, inadempiente da ottobre, gli dà pure il là per far saltare qualche testa in squadra. L’avvio è una salita ripida così per la Samb di Manoni: sconfitta interna col Chieti, ko a Notaresco. Il primo punto, in casa, col Nuova Florida. Di rincorsa. Segue pari sul campo della capolista Pineto. Il primo successo, dopo quasi un mese, il 18 febbraio, col Tolentino al Riviera delle Palme. Da quel momento Manoni ne perderà solo due, sul campo del Trastevere il match successivo e col Fano in casa, nel turno pre pasquale. Quando la spaccatura con lo zoccolo duro del tifo è già in atto. Quando qualcuno ha già provato a soffiare nelle orecchie anche a lui, non solo ai giocatori, ma chi glielo fa fare, mister, stacchi anche lei la spina alla Samb di Renzi, si faccia da parte. Manoni non l’ha fatto. Ha invece saputo tenere insieme i mille pezzi di un mondo, quello rossoblù letteralmente imploso. Perché da inizio marzo, dopo il folle derby col Porto d’Ascoli, la Samb è pure senza tifosi, oltre che senza società. E con gli uomini contati, tra infortuni e ammutinamenti. Un caso senza precedenti, forse. E aspettando di capire cosa accadrà alla società di Renzi, la lancetta rossoblù è arrivata a destinazione. E ce l’ha portata Manoni.