Un incubo senza fine che, ancora oggi, prosegue tra messaggi e intimidazioni via social nonostante il divieto di avvicinamento e di comunicazione impostogli dal tribunale dorico. “Il calvario – racconta- è iniziato nel 2006. Dopo due mesi che stavamo insieme è cominciato l’incubo. Anche il caffè che non gli piaceva poteva diventare motivo di aggressioni da parte sua. Io ero un oggetto che lui utilizzava per sfogare le sue repressioni. Un oggetto sessuale, casalingo per così dire. Lui poteva fare quello che voleva di me”.
Fare il primo passo con due figli non è stato semplice per lei. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, però, è stata quando il suo aguzzino ha osato mettere le mani addosso ai figli. Prosegue: “Ho deciso di denunciare ai carabinieri quello che mi stava capitando. Grazie agli uomini del Norm della Montagnola sono riuscita piano piano a liberarmi di questo peso. La strada però è ancora lunga, nonostante i militari siano i miei angeli”. Ripensa ai momenti bui della sua vita e commenta: “Se il tribunale di Ancona applicasse per lui le regole del codice rosso ne sarei già uscita. La speranza è sempre l’ultima a spegnersi e io non mi arrendo”.