Reclutavano extracomunitari dai centri di accoglienza per impiegarli nei campi, costringendoli a turni massacranti, paghe da fame e, addirittura a restituire parte dello stipendio. E’ quanto scoperto dai Carabinieri del Nil, Nucleo Ispettorato del lavoro nell’ambito dell’indagine coordinata dalla Procura di Ancona su un vasto giro di caporalato nei terreni agricoli delle province di Macerata, Ancona e Pesaro. Tre pakistani residenti a Cupramontana e Cingoli sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Circa una quarantina i lavoratori sfruttati individuati. Si tratta per lo più di richiedenti asilo provenienti da Pakistan e Bangladesh, spesso reclutati direttamente nei centri di accoglienza. Tutto è iniziato nel 2021 quando i militari hanno fermato a Mondavio un furgone con otto persone a bordo, che avevano dichiarato di essere braccianti agricoli. Secondo quanto emerso, il sodalizio aveva a Cupramontana la sede operativa e a Cingoli gli alloggi di fortuna dove vivevano, in condizioni di degrado, i braccianti sfruttati. Si trattava di casolari abbandonati in campagna in pessima condizioni igieniche per dormire nei quali ogni lavoratore doveva pagare pure 150 euro al mese.
Sul fronte delle retribuzioni, la busta paga elaborata per i lavoratori dipendenti appariva formalmente corretta ed in linea con i contratti nazionali applicati, ma tutti i dipendenti, oltre a svolgere un orario di lavoro superiore a quello denunciato e registrato erano poi costretti a restituire parte della retribuzione corrisposta in base agli accordi presi al momento dell’ingaggio, anche attraverso la minaccia di perdere il posto di lavoro. E così ogni lavoratore poteva arrivare a lavorare anche per 12 ore al giorno per 5-6 euro l’ora.