ANCONA – Domani, 25 ottobre, si celebra il World Pasta Day, una ricorrenza che ribadisce l’importanza di rimettere il comparto cerealicolo al centro dell’agricoltura nazionale.
Si tratta di un alimento accessibile, facile da preparare e che mette d’accordo tutti, ma pochi conoscono il lavoro che c’è dietro ad un piatto di pasta, a cominciare dalla materia prima, che si ottiene dalla produzione agricola.
Produzione simbolo del made in Italy, la pasta subisce anch’essa le ripercussioni indirette del clima pazzo e i rincari record dei costi di produzione scatenati dalla crisi energetica e dunque va salvaguardata.
L’Italia è infatti il primo Paese produttore di pasta, con 3,6 milioni di tonnellate l’anno, per oltre il 60% esportata. Secondo un’elaborazione del centro Studi di Confagricoltura, la coltivazione di frumento duro copre 1,26 milioni di ettari di superficie italiana ed è la coltura più estesa in Italia, con una produzione raccolta totale di oltre 3,9 di tonnellate.
Tra le regioni con maggiore presenza degli ettari coltivati ci sono Puglia (344.700 ettari e 688 mila t di produzione raccolta), Sicilia 272.405 ettari e 813 mila t) e Basilicata (115.236 ettari per 321mila t); seguono Emilia Romagna e Marche che, rispettivamente con 85 mila e 90 mila ettari che producono 375 mila e 467 mila tonnellate di frumento duro .