L’AQUILA – Il Tribunale del Riesame dell’Aquila ha accolto il primo dei dieci ricorsi depositati dai legali dei poliziotti della Stradale di Pratola Peligna coinvolto nella maxi inchiesta sui “furbetti della divisa”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Sulmona. Davanti ai giudici aquilani si è presentato uno degli agenti che era stato sospeso dal Gip del Tribunale peligno per un anno e che invece dopo un mese di stop potrà tornare al lavoropoliziotti.
La richiesta di reintegro, presentata dal suo avvocato, Augusto La Morgia del foro di Pescara, è stata pienamente accolta. Sostanzialmente il Riesame ribalta la decisione dei magistrati sulmonesi in riferimento alla posizione dell’indagato.
“E’ fondato il motivo della domanda riguardo la specificazione delle condotte”- si legge nell’ordinanza del Riesame. Il poliziotto torna al lavoro dopo oltre un mese di sospensione. Il calendario dei ricorsi prevede altre tre udienze: l’11, il 14 e il 18 settembre. Le accuse a vario titolo sono truffa e falso ai danni dello Stato, peculato, furto, omissione d’atti d’ufficio, omissione di soccorso e interruzione di pubblico servizio.
Per i difensori si tratta di un provvedimento generalizzato che non tiene conto nemmeno di alcune condotte episodiche contestate che, in alcuni casi, farebbero venir meno la continuazione del reato secondo la tesi dei legali che hanno eccepito pure l’eccezione preliminare della competenza territoriale.
Per il Tribunale di Sulmona invece “gli accertamenti investigativi hanno consentito di ricostruire la sussistenza di un sistema seriale di condotte attraverso le quali un gruppo di agenti di Polizia Stradale, ha anteposto in modo ostinato e reiterato il soddisfacimento dei propri interessi personali al diligenti adempimento dei doveri istituzionali, in pregiudizio dell’intero sistema di sicurezza, prevenzione e soccorso della viabilità sul territorio di competenza”.
In tre anni d’indagini, dal 2019 al 2022, svolte tramite intercettazioni ambientali e telefoniche, gps e telecamere, i poliziotti avrebbero abbandonato il posto di lavoro per dormire in auto o intrattenersi in alcuni esercizi commerciali mentre erano in servizio. Approfittando della propria posizione tre di loro avrebbero rubato beni di tenue entità patrimoniale in una stazione di servizio. Altri avrebbero inoltre utilizzato auto di servizio per fini privati e, sempre secondo l’accusa, avrebbero omesso di svolgere rilievi in un sinistro stradale e di prestare soccorso ad un veicolo in panne. Il primo ricorso è stato accolto.