Amrallah Mostafa Alashry, il marito di Anastasiia uccisa con 29 coltellate lo scorso 13 novembre, rischia l’ergastolo. L’egiziano 43enne ieri è stato rinviato a giudizio per il reato di omicidio volontario pluriaggravato, oltre che per maltrattamenti in famiglia, lesioni aggravate e occultamento di cadavere. Sarà dinanzi alla Corte di Assise di Pesaro il 17 gennaio 2024 per la prima udienza, 14 mesi dopo il delitto. Anastasiia, 23 anni, ucraina, era scappata dalla guerra insieme al suo piccolo di due anni e viveva al Lido, in via Trieste. Era un’appassionata di musica e dava lezioni di pianoforte a Fano mentre lavorava anche come cameriera per cercare di costruirsi una nuova vita lontano dal conflitto in Ucraina. Nel tempo, però, il marito, Amrallah, era diventato il suo aguzzino in un rapporto coniugale segnato da violenze e maltrattamenti, che avevano portato alla separazione. La giovane madre aveva denunciato le violenze subite ai carabinieri di Fano due giorni prima della sua morte, esprimendo il timore di finire in ospedale o addirittura di essere uccisa. Nonostante la procedura del codice rosso, che richiede l’ascolto della vittima entro tre giorni, Anastasiia non venne convocata in tempo dalla procura. Andò da sola a ritirare i suoi effetti personali e quelli del figlio nell’appartamento di via Trieste. Fu lì che avvenne l’ultimo incontro con il marito. Incontro che si trasformò in una tragedia. A gennaio via al processo e la modifica del codice penale del 2019 impedisce il rito abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo. L’omicidio di Anastasiia è considerato tale a causa delle circostanze che lo circondano, inclusi i maltrattamenti subiti dalla vittima.