L’AQUILA – Un’assistenza non convenzionale per Matteo Messina Denaro: medici e paramedici sono pronti a gestire le sue ultime ore di vita. A circa 48 ore dalla constatazione dell’irreversibiltà delle condizioni di salute del boss di Cosa Nostra che non ha più speranze di salvarsi dal tumore al colon, nella cella del reparto per detenuti dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila è trascorsa un’altra notte di emergenza. Le misure di sicurezza sono state rafforzate: diverse decine di uomini, in divisa e in borghese sono impiegati nella sorveglianza. Al lavoro anche la polizia penitenziaria. L’ex superlatitante, da giorni in carico al team della terapia del dolore e non più agli oncologi, è sedato, e non viene più alimentato. La storia del boss è ai titoli di coda: 30 anni di latitanza fino all’arresto a Palermo del 17 gennaio scorso, e la restrizione nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila fino al ricovero dopo i due interventi chirurgici che però non hanno fermato al malattia. La legale e nipote, Lorenza Guttadauro, e la giovane figlia Lorenza, da alcune settimane si sono trasferite all’Aquila e si sono battute perché l’ex padrino finisse i suoi giorni in ospedale e non dietro la sbarre in regime di 41 bis. Ma le ultime volontà del 62enne sono in un pizzino di qualche anno fa, che aveva pure firmato: Matteo Messina Denaro. «Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato». I carabinieri del Ros hanno ritrovato l’annotazione in mezzo a tante altre nel covo di Campobello di Mazara, il giorno dell’arresto.