“Sono tre giorni che non dormo e non mangio, non vivo più, ricevo in continuazione telefonate di morte, messaggi; hanno perfino chiamato mia madre 85 enne, tutta la mia famiglia è sotto una gogna”. Così dichiara all’Ansa Andrea Leombruni a tre giorni della morte dell’orsa Amarena con gli occhi lucidi nel piazzale della sua casa, li dove è avvenuto il fatto, mentre una parente fa da sentinella sul balcone, perché hanno paura di ritorsioni. A San Benedetto dei Marsi c’è un gran traffico di curiosi, molti cittadini si sono uniti alle forze dell’ordine per controllare le auto. ma lo sfogo dell’indagato continua: “Ci devi passare per capire quello che sto provando ora – ammette da casa sua – ho sbagliato; l’ho capito subito dopo aver esploso il colpo… i Carabinieri li ho chiamati io”.
Poi va dove ha esploso il colpo, nel pollaio, dove il parco ha posizionato delle trappole con esche per acchiappare i due cuccioli orfani. “È successo qui – continua – in uno spazio piccolissimo io mi ero appostato per vedere chi fosse, mi sono trovato all’improvviso quest’orso ed ho fatto fuoco per terra, non ho mirato, il fucile aveva un solo colpo”. “Non è giusta questa violenza e questo martirio che ci stanno facendo, – commenta la moglie di Leombruni – c’è la procura che indaga, sono loro i titolati a farlo, a giudicare, noi sicuramente saremo puniti e ripeto giustamente, ma perché dobbiamo vivere sotto scorta? Perché dobbiamo aver paura di vivere?”.